lunedì 29 agosto 2011

La mia immagine riflessa in uno specchio


"Non è tanto l'immagine che vedi... ma come la vedi". Forse questa frase potrei conservarla. Riscriverla in un bestseller, magari stamparla su delle magliette oppure vandalizzare qualche muro con queste parole.
O, più semplicemente, le userò come incipit per questo nuovo post. Ecco... forse questa è la soluzione più logica e meno indolore.
Mi sono guardato allo specchio questa sera. Non lo faccio mai, se non in casi di estrema necessità (radersi alla cieca non è affatto semplice e fico come fanno credere alcuni divi hollywoodiani). Per anni ho affrontato quei 100 centimetri quadrati di superficie riflettenti, che pendono da un' anonima parete del bagno, con il disinteresse di chi passa più tempo a badare all' essere che all' apparire. In quelle rare occasioni in cui la vanità diventava il mio peccato preferito, ho visto nello specchio una persona per la quale provavo pena. Mi sono sempre giudicato un buono a nulla, un perditempo, uno bravo a metter su castelli di carta che alla prima folata di vento venivano giù. Un eterno secondo. In poche parole... un perdente!
Adesso guardarmi allo specchio fa paura. Non c'entra l'immagine riflessa. Me ne frego della barba incolta di 8 giorni, dei primi capelli bianchi che spuntano sulle tempie o qualche stupida ed insignificante imperfezione cutanea che rende meno piacevole il risveglio.
Mi spaventa, da un pò di tempo, vedere al di là di quel vetro una persona che fatico a riconoscere. Un altro me. Qualcuno che ha il volto corrucciato non perché fa fico, ma perché non ha mai conosciuto il significato di un sorriso. Qualcuno con gli occhi spenti ed un'anima nera, che ben poco ha a che fare con la musica.
Qualcuno potrebbe non credere a quello che le mie dita stanno scrivendo. Fortuna che quel qualcuno non conosce che poche pagine di quel romanzo che è la mia vita. Coloro che, in un modo o nell'altro, fanno parte della storia, cominceranno a domandarsi perché uno, ad un certo punto, decide di sparire. Forse lo fa per limitare i danni. Soluzione del cazzo. Soluzione da vigliacco. Lasciare il campo quando la battaglia impazza. Eppure c'è un senso a tutto questo. E' quella voglia di ritrovare la propria serenità. Vincere se stessi, per non far male a chi nella tua vita porta, ogni giorno, un raggio di sole. Chiamatemi stupido, folle, ridicolo, perdente. Ormai ci sono abituato. Di fronte a certe parole, spengo la luce e cammino nel buio. Ho troppa paura di vedere la mia immagine riflessa in uno specchio.

martedì 23 agosto 2011

su con la vita Charlie Brown!!!


5-HTTLPR. Quello che apparentemente può sembrare il codice fiscale di un dittatore nazista, è in realtà una sigla con cui i genetisti hanno codificato la timidezza. Ebbene si... dopo attenti studi, un gruppo di scienziati ha ridotto tutto ad una variante del DNA umano. Arrivo perciò a pensare che Giacomo Leopardi, forse un pò troppo pesante per i miei gusti, non fosse un animo romantico e sofferente, ma semplicemente deficitario di un gene.
Probabilmente lo stesso gene avrà assalito la catena di acido desossiribonucleico (facciamo vedere che conosco i fondamenti di chimica anche io!!!) di William Shakespeare, Jacques Prevert, Dante Alighieri e tutti coloro che, nei secoli, hanno esternato il loro amore attraverso fiumi d'inchiostro, perché troppo timidi per rivelarsi alle Beatrice, Silvia o altre muse dell'epoca.
Mi consola, in parte, sapere di avere in comune qualcosa con i grandi del passato, ma nel contempo mi sconforta sapere che tutto possa ridursi ad una mera questione di chimica.
Facendo due calcoli... se in presenza di una persona che mi piace mi si bloccano le parole in gola, se sudo freddo o arrossisco, come in una giornata d'agosto, è tutta una questione di genetica e null'altro.
Mmmhhh... sarà fondata anche su solide basi e ragionamenti impeccabili, ma non mi va, in questo caso, di credere alla genetica come ad una scienza esatta.
Mi piace pensare che sotto tutto questo ci sia ancora qualcosa di magico. Che ci siano persone in grado di far fermare il tempo, di portare il tuo cuore alla tachicardia, di ridurre il tuo vocabolario a pochissimi monosillabi, di impadronirsi della tua immaginazione, che tu sia sveglio oppure no.
Mi piace pensare che di persone del genere ne ho incontrate tante e che, se vorrà il destino, ancora tante ne dovrò incontrare. E poco importa se alla presenza di queste, il coraggio di rispondere ad un sorriso, di alzare una manina in segno di saluto o di un "ehi... ti andrebbe di conoscerci?" siano soltanto un vago pensiero, che sfreccia nella tua mente a velocità supersonica, per poi finire in un cervello altrui, più ardimentoso e meno razionale.
Probabilmente quando mi hanno "disegnato" hanno tratto ispirazione da un antieroe eccellente come Charlie Brown... fortuna mi hanno fatto più capelli!!!

mercoledì 17 agosto 2011

Credo...


"Eh buonanotte. Qui è Radio Raptus. E io sono Benassi. Ivan". La citazione di questa sera arriva dritta da uno dei miei film preferiti, Radio Freccia. Primo film di Luciano Ligabue, talento versatile tanto per la musica quanto per il grande schermo. Protagonista della scena è Stefano Accorsi, uno di quegli attori da cui non puoi che imparare tanto.
Beh... questa sera provo ad emulare Benassi... Un paio di cuffie mi isolano dal mondo, Miles Davis con il suo sound copre i rumori di un mondo che ho deciso di tener fuori da questa faccenda. Il resto lo fa il buio della mia stanza ed una lampada che illumina appena lo schermo.
Sento che di cose da dire ne ho anche io... che anche io credo!!!
Credo che prima o poi riuscirò a tirar fuori da quel cassetto tutti i miei sogni... a patto che trovi la chiave e che non ci sia troppo disordine tra quelle assi di legno.
Credo che se è valida l' equazione volere è potere, allora posso eccome!
Credo che respirare l'aria di mare faccia bene quanto tuffarcisi dentro... e poco importa se sei quello sotto l'ombrellone con un libro in mano ed un quintale di crema protettiva a coprire ogni molecola del tuo essere.
Credo che qualsiasi idea, per quanto stramba, possa diventare concreta... purché a supportarla ci siano persone più intelligenti, geniali e folli di te.
Credo che... da quando cammino con una bussola in tasca, non ho più tempo per voltarmi indietro per guardare al passato. Né per soffrire.
Credo che quando pensi intensamente ad una persona, va da sé che questa diventi protagonista di un sogno e poi di un altro e per quanto ti sforzi di pensare il contrario, speri proprio che uno di questi diventi realtà.
Credo che da qualche parte... ci sia qualcuno interessato a sapere come va avanti questa storia che racconto di tanto in tanto e magari riesce ad arrivare alla fine della pagina senza sbadigliare o continuare ad imprecare contro l'autore.
Beh... per questa notte le cose da dire finiscono qui. Ce ne sarebbero tante altre, ma ci saranno tante altre notti fatte non soltanto con spicchi di luna e stelle. Saranno notte da riempire con pensieri, sogni, confidenze, sfoghi e tante parole che faranno da sottofondo.

lunedì 8 agosto 2011

E' solo... un soffio!!!


Magari è una leggenda. Magari no. Forse semplicemente è un ricordo, anche piuttosto vago e sbiadito. Quello di un' ampolla che custodisce i sogni. Basta chiudere gli occhi, concentrarsi su quello che realmente si vuole e... soffiare nell'ampolla. Si... proprio così. Un soffio. Un leggerissimo alito di vita all'interno di quell'urna vitrea che, da quel momento, diventa la custodia del tuo sogno.
Sarà che favole e leggende mi hanno sempre appassionato, sarà che un pizzico di follia rende più piacevole la nostra esistenza, sarà che, in fondo, ci credevo, una notte ho soffiato dentro quell'ampolla. Occhi chiusi, mentre sgombra da ogni pensiero che non fosse ciò che realmente avrei voluto, cuore che, battendo lentissimamente, accompagnava questo piccolo grande passo. Un attimo, e quel sogno passava filtrava all'interno di quella gabbia di cristallo, per essere protetto, per essere custodito fino al momento in cui quel tappo sarebbe saltato. Fino al giorno in cui, quelle poche molecole di ossigeno avessero assunto una solida consistenza.
Quello che l'occhio umano non vede, può essere percepito da cuori puri e menti folli. Non so e non saprò mai a quale categoria appartengo, sta di fatto che i miei occhi hanno cominciato a vedere in quei pochi centimetri di cristallo qualcosa che andava ben oltre il riflesso della luce o la trasparenza della superficie. Puntini luminosi microscopici volteggiavano in quello spazio piccolo eppur vastissimo. Una scia ne segnava il passaggio, poi svanivano, poi ritornavano in un punto imprecisato della superficie.
Frammenti d'anima. O forse l'ennesima illusione. E già perché, proprio sul più bello, proprio quando cominciavo a credere che, da un momento all'altro, quel tappo potesse saltare, che finalmente quei frammenti di luce avrebbero lambito il mio corpo e la mia anima, non ho visto altro che un'ampolla vuota.
C'è chi la chiama consapevolezza della realtà, chi parla di disillusione, chi preferisce pensare che qualcuno abbia tolto quel tappo e lasciato sfuggire quel sogno a mia insaputa. Qualcuno che ci ha visto solo un'ampolla vuota. E lì cominci a riflettere. Che forse sei giusto per te stesso ma non per il mondo che ti circonda. Che forse il mondo è si una favola, ma per l'ennesima volta stai leggendo la pagina sbagliata, o il mondo intorno a te salta un capitolo, solo per arrivare presto al finale della storia. Forse orientare se stessi verso il nord, guardando sempre avanti, non ti fa rendere conti che, ai lati, il tuo equipaggio ti guarda e pensa a quanto sia poco saggio imbarcarsi con chi conosce poco il mare, le rotte, le carte nautiche e che non si orienta con le stelle, ma con loro parla, racconta storie, e tormenti, e si aspetta da queste risposte che mai arriveranno.
E allora va da sé che, in notti come questa, chiudi gli occhi, sgombri la mente da qualsiasi pensiero, e ti lasci guidare alla ricerca di quei puntini luminosi, di quelli visibili solo ai puri di cuore ed ai folli. Sperando di incontrare, finalmente, un cuore puro su questo cammino. Il folle, il disilluso, quello che crede ai sogni e che parla con le stelle è un ruolo che mi riesce fin troppo bene.

mercoledì 3 agosto 2011

il suono... del silenzio!!!


Proprio non riesco a farne a meno. Cominciare un nuovo post senza una citazione non è da me. Stavolta è una canzone ad ispirarmi. "The sound of silence", un vecchio successo di Simon and Garfunkel. In quel lontano 1965 non ero che la fantasia di due ragazzini che, anni dopo, avrei chiamato mamma e papà. Digressioni temporali a parte, questa sera voglio lasciarmi guidare dal silenzio in cui è avvolta la mia stanza. Una capatina fuori dalla finestra, giusto per godermi la luna, ridotta ad uno spicchio, e qualche nuvola che, come un tappeto scuro, copre le stelle.
Le dita cominciano a scrivere. Le parole si schiudono su questa pagina, come fiori che decidono di aprirsi col favore del buio. Al ticchettio generato dalle mie dita, si mescola un altro suono, quello del battito cardiaco. La sensazione è quella di un batterista che comincia a scandire il ritmo lentamente, ma con decisione. Ci sono. Chiudo un attimo gli occhi e da chissà quale abisso di me, nasce un nuovo respiro. Lento. Placido. Un respiro che diviene specchio di una serenità interiore che cercavo da tempo e che, finalmente, ritrovo riempiendo questa tavola bianca di pensieri.
Mi sento parte di questo rumoroso silenzio, ingranaggio di un meccanismo perfetto nella sua imperfezione. Ed è musica quella che nasce dentro me. Una musica che nessun orecchio potrà ascoltare, se non quello di una mente svagata o di un cuore attento. Una sinfonia che mi rallegra. Una sinfonia che dà sostanza ai sogni ed ai pensieri. Una sinfonia che mi ricorda quanto mi piaccia la mia unicità.