venerdì 16 settembre 2011

Se non ci mettessi il cuore... non segneresti mai!!!


Era da un pò che non scrivevo su questo blog. Impegni professionali (a patto che quello che faccio possa considerarsi un lavoro!!!), un ritorno a casa sempre troppo tardivo e momenti di totale mancanza d'ispirazione mi hanno riportato qui dopo oltre dieci giorni. Il blocco dello scrittore (o per meglio dire del bloggerista!!!) ha cominciato a vacillare questa mattina, mentre macinavo chilometri di una strada mai così silenziosa. Sarà stata l' aria iodata che saliva dal mare, la tuta da runner appositamente comprata per dare un senso ai miei 30 minuti quotidiani di footing, o una mente sgombra dai pensieri (evento quanto mai raro!!!) ma ho cominciato ad immaginare quell'allenamento come il training quotidiano di un calciatore professionista.
Ma non uno di quelli che guadagna quattrini a palate, ricopre ogni lembo di pelle di inchiostri indelebili per darsi finalmente un'identità. Parlo di calciatori vecchio stile. Maglie di cotone, toppe cucite a mano, numerazioni (ricamate anch'esse!!!) rigorosamente dall'1 all'11. Ecco... immaginavo quale di quelle 11 maglie avrei potuto indossare. Via subito i numeri 2 e 7, riservate a coloro i quali occupano la corsia destra. Per me, mancino naturale, è riservata la corsia dei rivoluzionari. Ciò nonostante declino l'invito a fluidificare, ergo bye bye al numero 3 caro a Giancito e Paolino (chi si intende di calcio non avrà bisogno del cognome per comprendere il riferimento!!!) e quell'11, una maglia misteriosa. Quando la indossi non sei più ala, non sei centravanti. Semplicemente sei il numero 11, quello che gioca titolare ed è libero di far danni.
Guai a nominare il numero 10, quello dei veri campioni. Quella maglia, riservata ai capitani, che mette i brividi solo a vederla appesa nello spogliatoio. Lascio il 5 e il 6 a difensori arcigni. Quelli che svettano di testa, anticipano i corridori, mordono le altrui caviglie e poco importa se, in molte partite, la doccia arriverà molto prima del 90esimo minuto.
Lascio l'8 al regista dai piedi buoni. Quello, tanto per citare un calcio moderno nel quale ancora fatico a ritrovarmi, dal lancio illuminante, il cross tagliato e la punizione all'incrocio. Il numero 9 è prerogativa del centravanti che riesce a segnare bendato, con le mani dietro la schiena e un paio di rottweiler che gli masticano i polpacci.
Restano le opzioni numero 1 e 4. Quello dell'estremo difensore è un ruolo tanto affascinante quanto pericoloso. L'idea di finire come il portiere caduto alla difesa tanto caro a Umberto Saba mi spaventa, ma poter trasformarmi (metaforicamente!!!) in figurina introvabile, come Pierluigi Pizzaballa, solletica il mio palato di collezionista impenitente.
Per esclusione, o forse per vocazione, resta il numero 4. Quello dei mediani. Calciatori dai piedi non sempre sopraffini, ma grossi abbastanza per spazzare via la palla, per pestare qualche altrui alluce. Una maglia che appartieni a quei guerrieri spartani che trovano le loro Termopili in un rettangolo d'erba delimitato da strisce di vernice bianca. Uno di quelli che corre per due, ma suda per otto. Un calciatore che vede la porta raramente, troppo impegnato a proteggere un "soldato Ryan" (consentitemi la citazione cinematografica!!!) solitamente con due numeri impressi sulla maglietta.
E allora pensi... ma un calciatore del genere finirà sul tabellino marcatori una volta a campionato. Parleranno di te solo per i cartellini rossi, per i voti oltre la sufficienza che ti riserveranno le testate giornalistiche, ma non accenneranno mai ad una tua rete. Forse è questo il destino di chi ha il DNA del lottatore? Star nascosto nell'ombra? Portar la croce a favore di chi canta? Sacrificare tibie e peroni, disgregare parastinchi solo per poter uscire dal campo con la casacca sudata?
Tutte queste domande mi hanno assillato per l'intera giornata. Poi leggo nella casella di posta elettronica questo messaggio "Se non ci mettessi il cuore... non segneresti mai" ed è stato lì che la metaforica lampadina si è accesa. La chiave di tutto sta lì. In quel muscolo che pompa non solo sangue, ma emozioni. E cominci a pensare che, giocandotela col cuore, prima o poi finirai anche tu sotto quella curva, con le dita alzate al cielo.
In attesa di quel momento... testa alta, petto in fuori e continua a correre!!!

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