martedì 8 maggio 2012

Ragazzo vintage

... che poi in fondo mi piace quella parola. Vecchio. Sa di vissuto. Sa di datato. Sa di storia da raccontare. Aprendo l' armadio m' accorgo di quanto il mio vestiario si associ di più alla Londra di Conan Doyle, che alla Napoli postmaradoniana. Mi si conceda il neologismo. E la dedica pure. M' accorgo di quanto la mia personalità si rispecchi di più in un paio di jeans sdruciti, eredità d' un cambio di stagione fraterno, piuttosto che in un paio di pantaloni attillati. E magari a vita bassa. Quelli da indossare per valorizzare un fisico che, troppo spesso, dimentico sulla panca di qualche palestra. Ma riesco pure a rispecchiarmi in un abito della domenica. Concetto antico. Cui mi sento affezionato. Scarpe di vernice, ch' ancora profumano di cuoio. Sembra al tatto, di sentire i colpi di martello d' un artigiano che ha forgiato quei calzari che non permettono una battaglia, ma altrettanto bene raccontano una storia. L' asola di una camicia attraversata da gemelli argentei. Facce identiche di una medaglia su cui è impressa la tua identità. Chiudendo quella giacca, t' ammiri fiero, riflesso in uno specchio. Immagine incorniciata d' un te stesso senza tempo. Entità metafisica che ritrova in te immagini sbiadite d' un passato che fa sorridere. Vecchio. Accezione negativa. Segno d' un tempo che i suoi segni li lascia sul tuo corpo. Corruga il volto. Scalfisce l' anima. Vecchio. Passi lenti. Non è stanchezza, né fatica. E' lento scorrere della vita. E' assaporare ogni istante. E' dar valore ad un mondo che silente ruota intorno. Vecchio. Che colto d' autostima si fa chiamare vintage. Ben si sposa il concetto al mio essere. Ragazzo vintage. Non male. Sempre meglio, suona, di giovane vecchio...

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