lunedì 5 dicembre 2011

La guardia alta del boxeur


Chissà quale potrebbe essere il modo migliore per cominciare il post di questa sera. Come sempre mi trovo di fronte quel muro insormontabile che è la prima frase da scrivere nel blog.
Mentre continuo a pensare (chissà che la musa ispiratrice non faccia qualche passo indietro e mi bisbigli all'orecchio quella riga di testo che tanto mi manca), guardo l'agenda e scatta la riflessione. Non tanto su tutto quello che ho da fare, ma su quello che mi prospetta il futuro. Certezze che potrebbero trasformarsi in incognite, punti interrogativi che potrebbero variare la loro curva e trasformarsi in esclamazioni (di gioia o di dolore poco importa). Naturali due conclusioni : 1) vita privata bye bye (e ad esser sincero non è che la cosa mi spaventi chissà quanto); 2) devo farmi trovare pronto. Fisicamente e mentalmente devo essere agile e scattante. Come un pugile che si muove sul ring, nel tentativo di studiare il proprio avversario, prevenirne i colpi e scegliere il momento giusto per assestare il colpo del KO.
Regola numero uno: fronte alta. Guardare l'avversario (in questo caso i molti impegni che mi si prospettano e l'incastrarli alla perfezione l'uno dentro l'altro) negli occhi senza mai abbassare lo sguardo. Un pò perché l'avversario non deve mai credere di poter avere il sopravvento, un pò perché se ti distrai finisci disteso sul tappeto. Seconda regola da rispettare è l'avere i pugni serrati. In questo caso le mie armi sono la determinazione, lo spirito di sacrificio, quella sacrosanta gavetta cui vita natural durante sarò grato, e quel pizzico di follia che non fa mai male.
Terza, ma non meno importante, regola da rispettare è: mai avere paura. Se dovessero aumentare le difficoltà vorrà dire che il mio carattere si starà forgiando, che potrò tenere testa a qualunque avversario. Non importa il peso, la categoria o quanto forti saranno i suoi pugni. Io resterò lì a pugni contratti, fronte alta e con lo sguardo che trasuda coreggio. Fino al suono della campanella.

domenica 27 novembre 2011

L' orgoglio del secchione


Quattordici. I giorni consecutivi in cui ho lasciato bianche queste pagine. Tanti. Forse troppi. Blocco dello scrittore, tirar tardi più spesso del previsto o semplicemente l' assenza di quel quid (e vai di paroloni rispolverati dagli studi scientifici!!!) che ti permette di tornare a riempire le pagine del tuo diario virtuale.
Trovo l' ispirazione da un mio post su twitter. Strumento favoloso questo social network che ti permette di condividere col mondo pensieri non superiori ai 140 caratteri. Un brevissimo intervento in cui cito Dante con la sua "fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza", me la prendo (in modo bonario ovviamente!!!) con tutti quelli che fanno della cultura un' optional. Quelli che hanno comprato l' ultimo libro nei lontani anni '90 ed era la biografia del campione di calcio di turno, che raccontava la propria carriera in, udite udite (!!!), 100 pagine. Libro sottilissimo, interlinea tripla, caratteri cubitali per rendere un pò più pesante (dal punto di vista degli ettogrammi) un libro che avrebbe la consistenza (dal punto di vista dei contenuti) di un volantino pubblicitario.
Quelli che, ancor oggi, non credono possibile l' esistenza di luoghi come la biblioteca, il caffè letterario, la libreria, l' emeroteca o il museo.
"Carneade... chi era costui?" si chiedeva dubbioso Don Abbondio. Caro sacerdote di manzoniana memoria, nemmeno immagini in quanti si interroghino sulla reale esistenza di Leopardi, Poe, Allende, tanto per fare dei nomi a caso, permettendomi anche qualche salto temporale.
No. Vi prego... non prendetemi per saccente o per moralista. Sono solo uno bonariamente arrabbiato. Si. Arrabbiato con quelli che cercano il divertimento nella battuta volgare davanti al piccolo schermo e non hanno mai assaporato uno spettacolo teatrale in cui la trama (questa sconosciuta!!!) ti tiene incollato alla poltroncina e ti fa uscire dal teatro (altro misterioso luogo!!!) con una riflessione su quanto hai appena visto.
Mi incazzo, col sorriso, con quanti non trovano il tempo di sfogliare le pagine di un libro e per emozionarsi ricorrono al famigerato RVM di qualche reality in cui uno o più concorrenti si sbaciucchiano o si avventano uno contro l'altro.
E non posso che guardare sconsolato gli scaffali della biblioteca, nella quale mi rifornisco avidamente, sempre troppo pieni. Segno che quella tessera, la 1144, sia una delle poche ad essere esibita con grande frequenza.
Secchione? No mi spiace. Sono solo uno di 30 anni con un diploma che vale quanto la carta straccia che si è accorto di quanto possa essere piacevole nutrire la propria scatola cranica. Meglio tardi, che mai.

domenica 13 novembre 2011

Le sette meraviglie del mondo... meno una!!!


Solitamente mi lascio trasportare da una vena finto poetica quando riempio le pagine di questo blog. Questa sera faccio appello ai miei (udite udite!!!) 9 anni di gavetta nel mondo del giornalismo per scrivere questo nuovo post.
Ore 20.10 di una fredda domenica trascorsa a casa. Durante il telegiornale si parla delle nuove sette meraviglie del mondo, votate dagli internauti. La giornalista elenca una ad una quei posti che gli utenti hanno scelte. Le immagini si susseguono in una carrellata di istantanee di territori meravigliosi. Cominci a chiederti "ma esistono davvero posti così? Non è che è tutto un trucco? Un effetto speciale o qualcosa del genere?". Ebbene... NO. E' tutto merito di madre natura e dell'uomo che, per fortuna, non si è accorto di questi paradisi terrestri e li ha lasciati intatti. Magari era tutta una manovra per arrivare a questo. Valorizzare un sito web, con votazione via mail inclusa. Beh... poco male. Ogni tanto la tecnologia fa qualcosa di buono.
Il servizio si chiude con "Escluso dalla classifica... il Vesuvio".
Mi verrebbe da chiedere... mia cara giornalista, la tua è una affermazione sarcastica oppure non hai mai visto in quali condizioni riversa il Vesuvio?
Premesso che ho votato per le sette meraviglie moderne ed ho espresso la mia preferenza per il simbolo della mia terra, ma confesso di averlo fatto per puro campanilismo. Mi sono chiesto, a posteriori, con quale coraggio si potesse includere tra le sette meraviglie del mondo moderno un territorio che da paradiso terreste è mutato, mestamente, in inferno urbano. Come poter equiparare il Colosso di Rodi ad un vulcano alle cui falde sorgono centinaia (per di non dire migliaia) di costruzioni abusive.
Regge il paragone con i Giardini pensili di Babilonia, posto in cui ogni stagione si sentiva il profumo delle rose, con un Vesuvio, in cui le esalazioni di monnezza la fanno da padrone.
Beh... chiamatemi pure polemico, bastian contrario o qualche appellativo negativo, ma sono felice che sia andata come è andata. Lo dico con le lacrime agli occhi guardando quel panorama in cui è lui a farla da padrone. Quell' enorme vulcano che ha scritto la storia della mia gente. Forse secoli fa le tue ire potevano far timore allo stesso Zeus e le piramidi non erano che ammassi di sabbia e pietra. Oggi resti uno sfondo suggestivo per qualche nostalgico desktop, oppure ottimo materiale per le cartoline. L'uomo, purtroppo, si è accorto di te... peccato davvero!!!

giovedì 3 novembre 2011

Laika scopre la luna


Ebbene si... lo ammetto!!! Anche io non restito al fascino della tecnologia. No... nessun acquisto folle, ma solo la praticità di effettuare una ricerca sul web, piuttosto che sfogliando un'enorme enciclopedia.
Non tradirò mai la cara vecchia carta ingiallita, ma ogni tanto una sbirciatina su un motore di ricerca me la concedo. E con somma sorpresa scopro che oggi, 3 novembre 2011, ricorre il 54esimo anniversario del lancio della sonda capsula spaziale sovietica Sputnik 2. La notizia si trasforma in evento se si pensa che a bordo di quella navetta, vi era Laika, un'esemplare di bastardino inviato nello spazio per monitorarne le funzioni vitali.
Un viaggio, purtroppo, senza ritorno. Ma l'incosapevole kamikaze è riuscita ad entrare nella storia, in quanto prima animale in orbita.
Qui non si parla di effetti speciali, sceneggiature che prevedono cani volanti o la fervida fantasia di uno scrittore. Qui si parla di scienza. Di esperimenti. Di studi per il bene dell'umanità. E poco importa se, dopo oltre mezzo secolo, resta irrisolto l'enigma della sua morte. C'è chi parla di asfissia, chi di sbalzi di temperatura, chi, prevedendo forse un romanzo o l'ennesima trasposizione cinematografica "tratta da una storia vera", parlando di bocconi avvelenati per evitare l'agonia alla piccola quadrupede. Laika sarà salita a bordo di quella navicella pensando ad una cuccia insolita ed avrà pensato ad un viaggio in treno mentre il piccolo shuttle lasciava il cosmodromo di Baikonur (e qui ci sta tutta la citazione di wikipedia!!!). Magari si sarà addormentata durante l'ultimo viaggio e non avrà compreso la differenza tra vita e morte.
Di sicuro su Laika non faranno film o cartoni animati. I produttori sono troppo impegnati a ricercare maiali parlanti e draghi in crisi d'identità. E' finita in qualche polveroso libro scolastico, in una riga persa in un oceano d'inchiostro, nel quale si accenna a questa cagnetta che un giorno, partendo da un anonimo posto dell'Unione Sovietica, si è lasciata alle spalle tutto, terra compresa... ed ha scoperto la luna!!!

giovedì 27 ottobre 2011

La leggenda del terzino gentiluomo


Parto dal presupposto che giocare a calcio non è il mio forte. Difensore centrale da partitella con gli amici, ho sempre cercato il mio mito calcistico partendo da due requisiti fondamentale : che fosse terzino e rigorosamente sinistro.
Negli ultimi 20 anni ho visto alternarsi su quella fascia campioni del calibro di Maldini, il prototipo del vero calciatore professionista; Roberto Carlos, l' uomo che ha messo in discussione più di una legge della fisica; e poi Fabio Grosso, cui dobbiamo la quarta stella sulle maglie della nazionale, e calciatori più o meno celebri, che per me restano dei miti anche solo per una questione affettiva.
Ma da giovane vecchio, quale mi vanto di essere, devo ricercare tra le foto in bianco e nero quello che è il mio terzino preferito. E la memoria corre agli anni '60, periodo in cui a galoppare sulla fascia sinistra c'era Giacinto Facchetti. Nato a Treviglio, piccolo comune del bergamasco, ha indossato la maglia dell' Inter per 475 volte, vincendo tutto quello che era possibile immaginare e desiderare come calciatore.
Non sono interista, non ho mai visto Facchetti in campo se non in qualche nostalgica puntata di "Sfide" o programmi simili. Ma di Facchetti ho il ricordo di tante interviste in cui si è sempre distinto come un gentleman, prima che come terzino della storica Inter che vinceva ovunque e contro chiunque.
Oggi ho sfogliato le pagine del libro che suo figlio Gianfelice gli ha dedicato. Ho guardato le foto del Facchetti calciatore col sorriso di chi guarda le foto di un mito del calcio. Ho guardato le foto private, ma senza violare la privacy, dello stesso Facchetti e mi sono commosso. Ho visto un padre amorevole, come il mio. Un uomo semplice che ha amato, fino alla fine dei suoi giorni, moglie, figli e nipoti. Ed è proprio guardando la foto, di recente realizzazione, di un piccolo Facchetti a San Siro che ho pensato a quanto possa essere bello il gioco del calcio. Un gioco che è rimasto tale per Giacinto Facchetti. Lontano dagli ingaggi, dai diritti tv, dalle polemiche arbitrali che hanno ridotto il tutto ad un mero business.
Stefano Benni racconta che la rivoluzione dei terzini è avvenuta anni fa, in un campetto di periferia, grazie al terzino Poldo. Uno che si lavava la maglia da solo il lunedì mattina. Uno che disse "In culo mister" nell' attimo stesso in cui varcò la soglia della metà campo per rincorrere la gloria.
Poldo è uno straordinario piccolo eroe di fantasia. Giacinto Facchetti, per fortuna, è esistito sul serio.

mercoledì 19 ottobre 2011

Il coraggio e la follia del trapezista!!!


"Cosa pensa il trapezista mentre vola... Non ci pensa mica a come va a finire". Il post di questa sera comincia con una citazione di Lorenzo Jovanotti. Uno di quegli artisti che sembra conoscere ogni singolo attimo della mia esistenza. Quasi prendesse ispirazione dalla mia vita per scrivere le sue canzoni. Coincidenze. Eppure mi piace pensare che gli artisti siano collegati tra loro, attraverso fili sottilissimi, che legano pensieri, parole, emozioni,vite.
In questo momento mi sento proprio come un trapezista. Spaventato, se con lo sguardo osservo ciò che supera i miei alluci. Combattuto dall' amletico dubbio del "riuscirò ad arrivare dall' altra parte?". Ma, nel contempo, folle abbastanza per cominciare ad attraversare quel lungo cavo d' acciaio, un passo alla volta.
Lasciandomi tutto alle spalle. Una volta per tutte. Basta restare attaccato ai ricordi. Troppe volte ho programmato il futuro, partendo da ciò che era stato. Un passato che ho sempre archiviato alla voce "lezioni di vita". Mi sono un pò stancato di ricevere lezioni di vita. Stanco di dover riflettere 1, 10, 100 volte prima di muovere un muscolo, prendere una decisione, osare.
Ecco... Osare! Un verbo che non sono mai riuscito a coniugare, se non preceduto da un "dovrei" o "potrei". Adesso mi va di parlare dal presente. Oso, rischio e ci trovo tutti i sinonimi possibili, pur di esprimere finalmente il coraggio di non restare ancorato a ciò che è stato ed essere animato dal solo desiderio di scoprire quello che sarà.
Chiudo gli occhi un attimo. Un profondo respiro, fletto i muscoli e sono nel vuoto. Ops... un' altra citazione. Meno famosa (è solo Ratman!!!) ma che rende bene l' idea di ciò che mi riserva il futuro.

giovedì 13 ottobre 2011

Il mito di Kasparov... e quello di Zeman!!!


Era il 1999 quando Garri Kasparov riuscì a rendere immortale una partita di scacchi. Dato ormai per spacciato, lui riuscì a vincere ed a rendere epica una sua partita.
Di scacchi so poco o nulla. Differenza tra bianchi e neri, con conseguente scelta del colore che (pare!!!) identifichi il carattere, l’esistenza del Re, dell’Alfiere (figura a me tanto cara!!!) e dello strano movimento ad elle (si si proprio così… a L) del cavallo.
Garri Kasparov riusciva a tenere in pugno la partita con strategie che cambiavano in corso d’opera. Era in grado di sferrare un attacco nell’istante esatto in cui l’avversario dava un barlume di cedimento. Aveva un solo obiettivo, la vittoria.
Con mister Kasparov ho davvero poco in comune. Non sono tipo da strategie, tanto nel gioco quanto nella vita. Ogni singolo movimento, gesto, pensiero, parola o quel che sia, non ha un fine ultimo, uno scopo, un traguardo. Qualcuno parla di casualità, qualcun altro, come il sottoscritto, preferisce parlare di “attimo eterno”. Eh già… godersi ogni istante, viverlo in pieno, cercando di cogliere quei particolari invisibili all’intelletto umano che riescono a dar valore, nella propria semplicità, alla vita.
Mi sovviene un personaggio che, nella vita quanto nel gioco, sembra adottare questa filosofia. Zdenek Zeman, boemo di nascita, italomeridionale d’adozione. Uno che crede fermamente che la miglior difesa è l’attacco, uno che sarebbe disposto a rinunciare alla panchina più prestigiosa, pur di non mollare il suo credo tattico. Un 4-3-3 che fa divertire il pubblico, uno di quelli che ti fa perdere una partita 5-3,nella quale non contano le reti al passivo, ma solo quanti palloni riesci ad insaccare nella porta avversaria. Onore a te, taciturno tecnico, alla cui coscienza Venditti ha dedicato una canzone. Se riesco ad assaporare ogni istante della mia vita, riflettendo poco o nulla su quello che verrà, parlando sempre tanto al presente e poco al futuro. Se riesco ad essere lungimirante, non guardando oltre i 90 minuti, lo devo a te. Non me ne voglia Kasparov con le sue tecniche imbattili, le vittorie memorabili, le partite leggendarie. Preferisco una gara all’attacco. Se perdo poco importa. Non conta il risultato, ma quanto sudore lasci sulla tua maglietta.

martedì 4 ottobre 2011

La sottile linea bianca


Un pò per abitudine, un pò per divertimento, comincio i miei post con un colpo ad effetto. Qualcosa che incuriosisca il lettore al punto di arrivare al termine dei miei post, cercando di comprendere cosa si nasconde tra queste bianche pagine virtuali.
La linea bianca che da il titolo a questo nuovo intervento (e che in qualche modo vuol essere una personalissima citazione cinematografica) è quella di un campo da gioco. Eh si... quella che divide i titolari dalle riserve.
Complice una telefonata ricevuta pochi minuti prima di andare a cenare, mi sono immaginato come uno di quei calciatori che, dopo tanta gavetta nei campetti di periferia, e dopo minuti interminabili di riscaldamento, è lì, nel punto esatto in cui il campo di calcio è diviso a metà. Pronto, oltre quei pochi centimetri di gesso, ad entrare il campo e rendere reale il proprio sogno.
Ecco... difficilmente il sottoscritto debutterà in serie A, otterrà una citazione su qualche noto quotidiano sportivo, o vedrà la propria faccia sorridente su un album di figurine. Ma il sottoscritto, a breve, comincerà a "giocare sul serio". Anni trascorsi a sudare su un libro di dizione, del quale ho imparato anche la nota più illeggibile. Ore, interminabili, ad esercitarmi. Giorni trascorsi a rincorrere un sogno, passando per quell'anticamera chiamata (spesso con un'accezione negativa che proprio non comprendo!!!) gavetta.
Ed il sottoscritto si sente onorato di aver fatto, in 13 anni, altrettanti giorni di gavetta. Ripensando a quel 1998 in cui decisi, tra le risa e lo scetticismo altrui, di fare l' artista di mestiere, mi vedo cambiato completamente. Rispetto al passato molti chili in meno, una look finalmente decente e qualche capello bianco in più. Per fortuna il tempo non ha segnato il mio entusiasmo. Quello con cui affronto ogni giorno una professione da cui non smetti mai di imparare. Il confronto, la crescita, la prospettiva. Parole che spaventano tutti quelli che, alla fine de mese, pensano agli zeri sulla busta paga.
Non essendo un top player, e vivendo nell'amletico dubbio del "lo sarò mai?", penso solo a dare il massimo, per l'ennesima volta. E' la sola cosa che so fare. Non sono un fuoriclasse, ma uno bravo a sudare la maglia che indossa.

martedì 27 settembre 2011

C'era una volta... e forse c'è ancora!!!


Questa sera il mio post comincia, stranamente, con una citazione personale. Una frase che ripeto spesso e che oggi è tornata in auge. Il motivo è stato la realizzazione di una nota biografica, commissionata da un amico e finalizzata a raccontare, in poche battute, l'esistenza di una persona.
Lavoro facile, o forse no. Perché la difficoltà sta nel raccontare qualcuno che non hai mai visto, se non tra le pagine in bianco e nero di un giornale, oppure in qualche servizio televisivo (confesso qui che ho fatto il giornalista in tv!!!). Una persona che, pur non conoscendo, ho sentito quanto mai vicina. Quasi fosse un amico che, nella sua breve esistenza, ha riempito anche la mia di vita. E va da sé che, un giorno, leggendo le sue poesie, mi viene in mente di scrivere uno spettacolo, e metterlo in scena. E raccontare in 60 minuti, 30 anni di vita. Trent'anni di esistenza, consacrati a quel dio pallone, che attendeva il suo adepto. Un fedelissimo del rettangolo di gioco che decise di vivere il calcio oltre la linea bianca. Lì dove si siedono gli allenatori. Lì dove un mister dà ordini, alza la voce, e spinge i suoi ad onorare una maglia e ad onorare tutti quelli che in quella maglia non vedono soltanto centimetri di cotone elasticizzato e sponsor, ma uno stile di vita, l'appartenenza ad un gruppo, il riscatto di un'esistenza, i propri sogni.
Quei sogni che, questo eroe senza maschera e senza mantello, privo di superpoteri, ha portato sulle sue spalle, per renderli meno pesanti a quei tanti ragazzi che, grazie a lui, si possono definire calciatori.
Magari qualcuno in questo momento starà chiedendosi chi era costui. Contrariamente al manzoniano don Abbondio, non dirò chi era questo "eroe comune". Dirò solo che guardando il mondo con i suoi occhiali, ho provato tutte quelle emozioni che lui aveva messo su carta, in poesie che, ancora oggi, riescono ad emozionarmi.
E' vero, non tutte le favole cominciano col "c'era una volta" e non tutte hanno il lieto fine. Ma ciò che conta, è l' emozione che si prova nel leggere quelle pagine. Buona notte, amico che non ho mai conosciuto

venerdì 16 settembre 2011

Se non ci mettessi il cuore... non segneresti mai!!!


Era da un pò che non scrivevo su questo blog. Impegni professionali (a patto che quello che faccio possa considerarsi un lavoro!!!), un ritorno a casa sempre troppo tardivo e momenti di totale mancanza d'ispirazione mi hanno riportato qui dopo oltre dieci giorni. Il blocco dello scrittore (o per meglio dire del bloggerista!!!) ha cominciato a vacillare questa mattina, mentre macinavo chilometri di una strada mai così silenziosa. Sarà stata l' aria iodata che saliva dal mare, la tuta da runner appositamente comprata per dare un senso ai miei 30 minuti quotidiani di footing, o una mente sgombra dai pensieri (evento quanto mai raro!!!) ma ho cominciato ad immaginare quell'allenamento come il training quotidiano di un calciatore professionista.
Ma non uno di quelli che guadagna quattrini a palate, ricopre ogni lembo di pelle di inchiostri indelebili per darsi finalmente un'identità. Parlo di calciatori vecchio stile. Maglie di cotone, toppe cucite a mano, numerazioni (ricamate anch'esse!!!) rigorosamente dall'1 all'11. Ecco... immaginavo quale di quelle 11 maglie avrei potuto indossare. Via subito i numeri 2 e 7, riservate a coloro i quali occupano la corsia destra. Per me, mancino naturale, è riservata la corsia dei rivoluzionari. Ciò nonostante declino l'invito a fluidificare, ergo bye bye al numero 3 caro a Giancito e Paolino (chi si intende di calcio non avrà bisogno del cognome per comprendere il riferimento!!!) e quell'11, una maglia misteriosa. Quando la indossi non sei più ala, non sei centravanti. Semplicemente sei il numero 11, quello che gioca titolare ed è libero di far danni.
Guai a nominare il numero 10, quello dei veri campioni. Quella maglia, riservata ai capitani, che mette i brividi solo a vederla appesa nello spogliatoio. Lascio il 5 e il 6 a difensori arcigni. Quelli che svettano di testa, anticipano i corridori, mordono le altrui caviglie e poco importa se, in molte partite, la doccia arriverà molto prima del 90esimo minuto.
Lascio l'8 al regista dai piedi buoni. Quello, tanto per citare un calcio moderno nel quale ancora fatico a ritrovarmi, dal lancio illuminante, il cross tagliato e la punizione all'incrocio. Il numero 9 è prerogativa del centravanti che riesce a segnare bendato, con le mani dietro la schiena e un paio di rottweiler che gli masticano i polpacci.
Restano le opzioni numero 1 e 4. Quello dell'estremo difensore è un ruolo tanto affascinante quanto pericoloso. L'idea di finire come il portiere caduto alla difesa tanto caro a Umberto Saba mi spaventa, ma poter trasformarmi (metaforicamente!!!) in figurina introvabile, come Pierluigi Pizzaballa, solletica il mio palato di collezionista impenitente.
Per esclusione, o forse per vocazione, resta il numero 4. Quello dei mediani. Calciatori dai piedi non sempre sopraffini, ma grossi abbastanza per spazzare via la palla, per pestare qualche altrui alluce. Una maglia che appartieni a quei guerrieri spartani che trovano le loro Termopili in un rettangolo d'erba delimitato da strisce di vernice bianca. Uno di quelli che corre per due, ma suda per otto. Un calciatore che vede la porta raramente, troppo impegnato a proteggere un "soldato Ryan" (consentitemi la citazione cinematografica!!!) solitamente con due numeri impressi sulla maglietta.
E allora pensi... ma un calciatore del genere finirà sul tabellino marcatori una volta a campionato. Parleranno di te solo per i cartellini rossi, per i voti oltre la sufficienza che ti riserveranno le testate giornalistiche, ma non accenneranno mai ad una tua rete. Forse è questo il destino di chi ha il DNA del lottatore? Star nascosto nell'ombra? Portar la croce a favore di chi canta? Sacrificare tibie e peroni, disgregare parastinchi solo per poter uscire dal campo con la casacca sudata?
Tutte queste domande mi hanno assillato per l'intera giornata. Poi leggo nella casella di posta elettronica questo messaggio "Se non ci mettessi il cuore... non segneresti mai" ed è stato lì che la metaforica lampadina si è accesa. La chiave di tutto sta lì. In quel muscolo che pompa non solo sangue, ma emozioni. E cominci a pensare che, giocandotela col cuore, prima o poi finirai anche tu sotto quella curva, con le dita alzate al cielo.
In attesa di quel momento... testa alta, petto in fuori e continua a correre!!!

mercoledì 7 settembre 2011

L' altra faccia... di me stesso!!!


Solitamente scrivo un nuovo post partendo da una citazione. Solitamente lo concludo con equilibrismi lessicali dei quali nemmeno credevo di essere capace.
Stasera nulla di tutto questo. Comincio questo nuovo post con una riflessione. Ho riletto il mio ultimo post, scritto più o meno dieci giorni fa. Mi sento lontano anni luce da quelle parole che campeggiano sul mio diario virtuale.
Non che abbia avuto un'illuminazione, non che in questo lasso di tempo così breve siano cambiate chissà quali cose. Semplicemente ho acquisito qualche consapevolezza nuova. Ebbene si... alla soglia dei 30 anni cose del genere possono avvenire!
Tutto ciò a seguito di un' attenta riflessione sul mio futuro. Cosa voglio fare nella vita non lo so ancora, ma di sicuro ho cominciato a scartare più di un'ipotesi, restringendo il campo a pochissime ed oculate scelte. Scelte quasi scontate, se da 13 anni a questa parte ti fai un mazzo cubico per cercare di trasformare un sogno in una professione.
Ci sarà qualche rinuncia, ci saranno tante, forse troppe, notti insonni a riflettere sulle cose da fare... ma ci saranno anche progetti in cui tuffarsi a capofitto, nuove idee, libri da sfogliare, copioni da imparare, maestri da seguire, appunti da fissare su carta, non prima di averli ben piantati nella mente.
Soltanto dieci giorni fa, guardandomi allo specchio, ho visto una persona che mi ha fatto paura. Un'anima nera che non credevo potesse appartenermi. Non credo di essermi liberato di quella parte oscura di me stesso, non in un tempo così breve. Ma stasera, guardandomi allo specchio, ho rivisto la mia vera anima. Quella sopita da tanto, forse troppo, tempo. Ho vista una persona pronta a conquistarsi quella porzione di mondo, in cui ha nascosto i propri sogni.
Comincia la caccia!

lunedì 29 agosto 2011

La mia immagine riflessa in uno specchio


"Non è tanto l'immagine che vedi... ma come la vedi". Forse questa frase potrei conservarla. Riscriverla in un bestseller, magari stamparla su delle magliette oppure vandalizzare qualche muro con queste parole.
O, più semplicemente, le userò come incipit per questo nuovo post. Ecco... forse questa è la soluzione più logica e meno indolore.
Mi sono guardato allo specchio questa sera. Non lo faccio mai, se non in casi di estrema necessità (radersi alla cieca non è affatto semplice e fico come fanno credere alcuni divi hollywoodiani). Per anni ho affrontato quei 100 centimetri quadrati di superficie riflettenti, che pendono da un' anonima parete del bagno, con il disinteresse di chi passa più tempo a badare all' essere che all' apparire. In quelle rare occasioni in cui la vanità diventava il mio peccato preferito, ho visto nello specchio una persona per la quale provavo pena. Mi sono sempre giudicato un buono a nulla, un perditempo, uno bravo a metter su castelli di carta che alla prima folata di vento venivano giù. Un eterno secondo. In poche parole... un perdente!
Adesso guardarmi allo specchio fa paura. Non c'entra l'immagine riflessa. Me ne frego della barba incolta di 8 giorni, dei primi capelli bianchi che spuntano sulle tempie o qualche stupida ed insignificante imperfezione cutanea che rende meno piacevole il risveglio.
Mi spaventa, da un pò di tempo, vedere al di là di quel vetro una persona che fatico a riconoscere. Un altro me. Qualcuno che ha il volto corrucciato non perché fa fico, ma perché non ha mai conosciuto il significato di un sorriso. Qualcuno con gli occhi spenti ed un'anima nera, che ben poco ha a che fare con la musica.
Qualcuno potrebbe non credere a quello che le mie dita stanno scrivendo. Fortuna che quel qualcuno non conosce che poche pagine di quel romanzo che è la mia vita. Coloro che, in un modo o nell'altro, fanno parte della storia, cominceranno a domandarsi perché uno, ad un certo punto, decide di sparire. Forse lo fa per limitare i danni. Soluzione del cazzo. Soluzione da vigliacco. Lasciare il campo quando la battaglia impazza. Eppure c'è un senso a tutto questo. E' quella voglia di ritrovare la propria serenità. Vincere se stessi, per non far male a chi nella tua vita porta, ogni giorno, un raggio di sole. Chiamatemi stupido, folle, ridicolo, perdente. Ormai ci sono abituato. Di fronte a certe parole, spengo la luce e cammino nel buio. Ho troppa paura di vedere la mia immagine riflessa in uno specchio.

martedì 23 agosto 2011

su con la vita Charlie Brown!!!


5-HTTLPR. Quello che apparentemente può sembrare il codice fiscale di un dittatore nazista, è in realtà una sigla con cui i genetisti hanno codificato la timidezza. Ebbene si... dopo attenti studi, un gruppo di scienziati ha ridotto tutto ad una variante del DNA umano. Arrivo perciò a pensare che Giacomo Leopardi, forse un pò troppo pesante per i miei gusti, non fosse un animo romantico e sofferente, ma semplicemente deficitario di un gene.
Probabilmente lo stesso gene avrà assalito la catena di acido desossiribonucleico (facciamo vedere che conosco i fondamenti di chimica anche io!!!) di William Shakespeare, Jacques Prevert, Dante Alighieri e tutti coloro che, nei secoli, hanno esternato il loro amore attraverso fiumi d'inchiostro, perché troppo timidi per rivelarsi alle Beatrice, Silvia o altre muse dell'epoca.
Mi consola, in parte, sapere di avere in comune qualcosa con i grandi del passato, ma nel contempo mi sconforta sapere che tutto possa ridursi ad una mera questione di chimica.
Facendo due calcoli... se in presenza di una persona che mi piace mi si bloccano le parole in gola, se sudo freddo o arrossisco, come in una giornata d'agosto, è tutta una questione di genetica e null'altro.
Mmmhhh... sarà fondata anche su solide basi e ragionamenti impeccabili, ma non mi va, in questo caso, di credere alla genetica come ad una scienza esatta.
Mi piace pensare che sotto tutto questo ci sia ancora qualcosa di magico. Che ci siano persone in grado di far fermare il tempo, di portare il tuo cuore alla tachicardia, di ridurre il tuo vocabolario a pochissimi monosillabi, di impadronirsi della tua immaginazione, che tu sia sveglio oppure no.
Mi piace pensare che di persone del genere ne ho incontrate tante e che, se vorrà il destino, ancora tante ne dovrò incontrare. E poco importa se alla presenza di queste, il coraggio di rispondere ad un sorriso, di alzare una manina in segno di saluto o di un "ehi... ti andrebbe di conoscerci?" siano soltanto un vago pensiero, che sfreccia nella tua mente a velocità supersonica, per poi finire in un cervello altrui, più ardimentoso e meno razionale.
Probabilmente quando mi hanno "disegnato" hanno tratto ispirazione da un antieroe eccellente come Charlie Brown... fortuna mi hanno fatto più capelli!!!

mercoledì 17 agosto 2011

Credo...


"Eh buonanotte. Qui è Radio Raptus. E io sono Benassi. Ivan". La citazione di questa sera arriva dritta da uno dei miei film preferiti, Radio Freccia. Primo film di Luciano Ligabue, talento versatile tanto per la musica quanto per il grande schermo. Protagonista della scena è Stefano Accorsi, uno di quegli attori da cui non puoi che imparare tanto.
Beh... questa sera provo ad emulare Benassi... Un paio di cuffie mi isolano dal mondo, Miles Davis con il suo sound copre i rumori di un mondo che ho deciso di tener fuori da questa faccenda. Il resto lo fa il buio della mia stanza ed una lampada che illumina appena lo schermo.
Sento che di cose da dire ne ho anche io... che anche io credo!!!
Credo che prima o poi riuscirò a tirar fuori da quel cassetto tutti i miei sogni... a patto che trovi la chiave e che non ci sia troppo disordine tra quelle assi di legno.
Credo che se è valida l' equazione volere è potere, allora posso eccome!
Credo che respirare l'aria di mare faccia bene quanto tuffarcisi dentro... e poco importa se sei quello sotto l'ombrellone con un libro in mano ed un quintale di crema protettiva a coprire ogni molecola del tuo essere.
Credo che qualsiasi idea, per quanto stramba, possa diventare concreta... purché a supportarla ci siano persone più intelligenti, geniali e folli di te.
Credo che... da quando cammino con una bussola in tasca, non ho più tempo per voltarmi indietro per guardare al passato. Né per soffrire.
Credo che quando pensi intensamente ad una persona, va da sé che questa diventi protagonista di un sogno e poi di un altro e per quanto ti sforzi di pensare il contrario, speri proprio che uno di questi diventi realtà.
Credo che da qualche parte... ci sia qualcuno interessato a sapere come va avanti questa storia che racconto di tanto in tanto e magari riesce ad arrivare alla fine della pagina senza sbadigliare o continuare ad imprecare contro l'autore.
Beh... per questa notte le cose da dire finiscono qui. Ce ne sarebbero tante altre, ma ci saranno tante altre notti fatte non soltanto con spicchi di luna e stelle. Saranno notte da riempire con pensieri, sogni, confidenze, sfoghi e tante parole che faranno da sottofondo.

lunedì 8 agosto 2011

E' solo... un soffio!!!


Magari è una leggenda. Magari no. Forse semplicemente è un ricordo, anche piuttosto vago e sbiadito. Quello di un' ampolla che custodisce i sogni. Basta chiudere gli occhi, concentrarsi su quello che realmente si vuole e... soffiare nell'ampolla. Si... proprio così. Un soffio. Un leggerissimo alito di vita all'interno di quell'urna vitrea che, da quel momento, diventa la custodia del tuo sogno.
Sarà che favole e leggende mi hanno sempre appassionato, sarà che un pizzico di follia rende più piacevole la nostra esistenza, sarà che, in fondo, ci credevo, una notte ho soffiato dentro quell'ampolla. Occhi chiusi, mentre sgombra da ogni pensiero che non fosse ciò che realmente avrei voluto, cuore che, battendo lentissimamente, accompagnava questo piccolo grande passo. Un attimo, e quel sogno passava filtrava all'interno di quella gabbia di cristallo, per essere protetto, per essere custodito fino al momento in cui quel tappo sarebbe saltato. Fino al giorno in cui, quelle poche molecole di ossigeno avessero assunto una solida consistenza.
Quello che l'occhio umano non vede, può essere percepito da cuori puri e menti folli. Non so e non saprò mai a quale categoria appartengo, sta di fatto che i miei occhi hanno cominciato a vedere in quei pochi centimetri di cristallo qualcosa che andava ben oltre il riflesso della luce o la trasparenza della superficie. Puntini luminosi microscopici volteggiavano in quello spazio piccolo eppur vastissimo. Una scia ne segnava il passaggio, poi svanivano, poi ritornavano in un punto imprecisato della superficie.
Frammenti d'anima. O forse l'ennesima illusione. E già perché, proprio sul più bello, proprio quando cominciavo a credere che, da un momento all'altro, quel tappo potesse saltare, che finalmente quei frammenti di luce avrebbero lambito il mio corpo e la mia anima, non ho visto altro che un'ampolla vuota.
C'è chi la chiama consapevolezza della realtà, chi parla di disillusione, chi preferisce pensare che qualcuno abbia tolto quel tappo e lasciato sfuggire quel sogno a mia insaputa. Qualcuno che ci ha visto solo un'ampolla vuota. E lì cominci a riflettere. Che forse sei giusto per te stesso ma non per il mondo che ti circonda. Che forse il mondo è si una favola, ma per l'ennesima volta stai leggendo la pagina sbagliata, o il mondo intorno a te salta un capitolo, solo per arrivare presto al finale della storia. Forse orientare se stessi verso il nord, guardando sempre avanti, non ti fa rendere conti che, ai lati, il tuo equipaggio ti guarda e pensa a quanto sia poco saggio imbarcarsi con chi conosce poco il mare, le rotte, le carte nautiche e che non si orienta con le stelle, ma con loro parla, racconta storie, e tormenti, e si aspetta da queste risposte che mai arriveranno.
E allora va da sé che, in notti come questa, chiudi gli occhi, sgombri la mente da qualsiasi pensiero, e ti lasci guidare alla ricerca di quei puntini luminosi, di quelli visibili solo ai puri di cuore ed ai folli. Sperando di incontrare, finalmente, un cuore puro su questo cammino. Il folle, il disilluso, quello che crede ai sogni e che parla con le stelle è un ruolo che mi riesce fin troppo bene.

mercoledì 3 agosto 2011

il suono... del silenzio!!!


Proprio non riesco a farne a meno. Cominciare un nuovo post senza una citazione non è da me. Stavolta è una canzone ad ispirarmi. "The sound of silence", un vecchio successo di Simon and Garfunkel. In quel lontano 1965 non ero che la fantasia di due ragazzini che, anni dopo, avrei chiamato mamma e papà. Digressioni temporali a parte, questa sera voglio lasciarmi guidare dal silenzio in cui è avvolta la mia stanza. Una capatina fuori dalla finestra, giusto per godermi la luna, ridotta ad uno spicchio, e qualche nuvola che, come un tappeto scuro, copre le stelle.
Le dita cominciano a scrivere. Le parole si schiudono su questa pagina, come fiori che decidono di aprirsi col favore del buio. Al ticchettio generato dalle mie dita, si mescola un altro suono, quello del battito cardiaco. La sensazione è quella di un batterista che comincia a scandire il ritmo lentamente, ma con decisione. Ci sono. Chiudo un attimo gli occhi e da chissà quale abisso di me, nasce un nuovo respiro. Lento. Placido. Un respiro che diviene specchio di una serenità interiore che cercavo da tempo e che, finalmente, ritrovo riempiendo questa tavola bianca di pensieri.
Mi sento parte di questo rumoroso silenzio, ingranaggio di un meccanismo perfetto nella sua imperfezione. Ed è musica quella che nasce dentro me. Una musica che nessun orecchio potrà ascoltare, se non quello di una mente svagata o di un cuore attento. Una sinfonia che mi rallegra. Una sinfonia che dà sostanza ai sogni ed ai pensieri. Una sinfonia che mi ricorda quanto mi piaccia la mia unicità.

lunedì 25 luglio 2011

Il segreto è nella bussola


Di solito per cominciare un post cerco il 'colpo ad effetto'. Una citazione, un aforisma, la strofa di una canzone. Questa sera a darmi l'ispirazione è un oggetto. Una bussola. Si... avete letto bene... proprio quell'aggeggio in disuso che segna sempre il nord. Non è solo una questione geografica. Per me il nord vuol dire guardare avanti. Avere degli obiettivi, mete (in senso letterario ed anche figurato) da raggiungere, posti da vedere, situazioni da vivere, emozioni da provare, storie da raccontare. E fare tutto questo non pensando troppo a quello che è stato, né riflettendo troppo su ciò che sarà. Puntare lo sguardo verso l'orizzonte, lasciandosi trasportare da tutto ciò che, intorno, ci accompagna nel viaggio. Ricordando ogni istante che si vive e non vivendo di ricordi. Assaporandosi ogni istante ma con la mente proiettata a quel che sarà. Lasciando da parte i ricordi, specialmente a quelli brutti ed affrontando la vita col sorriso. Perché, racconta un grande attore, tale Charlie Chaplin, un giorno senza sorriso è un giorno perso.
Dopo questo riferimento cinematografico, Rifletto su quanto scritto. In fondo, tutto questo, è ciò che ho scelto di fare da un pò di tempo. Non ho tempo per piangermi addosso. Ho troppe cose da vivermi intensamente, per conservarmi un sorrisso per un'altra occasione. E poco importa degli ostacoli. Qualcuno lo potrò aggirare. Qualcun altro l'affronterò di petto e lo supererò. Ho deciso di diventare un navigatore solitario su una zattera, forse troppo piccola, ma grande abbastanza da contenere me, fogli bianchi da riempire di storie, qualche ricordo ed una bussola. Già... la bussola. Quella indica sempre il nord!

lunedì 18 luglio 2011

Il bambino con l' aquilone


"I miei sono attaccati ad un aquilone che vola sempre alto, ma prima o poi arriverà la folata di vento che me li riporterà a terra, così che possa afferrarli". Contrariamente al solito, questa volta non cito nessuno e mi creo da me la frase con cui scrivo questo post. Ripenso ai miei sogni, alle mie aspirazioni professionali ed a quanto ho fatto finora affinché questi sogni cominciassero ad avere sostanza, dopo aver preso forma qualche anno fa. E in quello "specchio dei ricordi" rivedo me bambino (appena 17 anni!!!) con qualche chilo di troppo, un bel pò di barba in meno e neanche l'ombra di un capello bianco. Che poi la sfumatura brizzolata non fa vecchio. Tutt'al più ti da quell'aria vissuta che tanto piace (a proposito... piace?). Ma soprattutto, aggiunge un pizzico di saggezza alla tua vita. Ops... digressione sul look non prevista. Dicevo... 13 anni fa decisi di diventare un attore. Scelta ardua, difficile, forse folle. Ma comunque una scelta. Per anni ho visto i pro di una professione della quale m'innamoravo giorno per giorno. Ho sentito, raramente, il gusto del successo. Più volte, il sapore acre della sconfitta. Fortuna che qualche anno fa una persona molto saggia mi disse "porta sempre con te un cucchiaino d'argento... ti servirà ad addolcire i bocconi amari che ti riserverà la vita". Quell'argentea posata ha ormai fatto amicizia col mio palato. Passa il tempo, ma non quella voglia matta di tener fede ad una promessa fatta, a me stesso, in una notte in cui solo le lacrime riuscivano a tenermi compagnia.
365 giorni fa ho cominciato un'avventura fantastica... che in qualche modo ha segnato la mia esistenza e con la quale ho scritto un capitolo nuovo della mia vita professionale. Una vita professionale che mi ha permesso di mettere da parte i problemi di una vita, quella privata, che più o meno di questi tempi cominciava a vedere strapparsi delle pagine importanti.
Stasera un'amica mi dice che sono bravo, che questo è il mestiere che fa per me. Ed io le dico che dopo l'estate mi darò da fare per rendere concreti i miei sogni, per dare un senso a tutti quei sacrifici, quelle rinunce, quelle sconfitte che hanno segnato la mia vita. Le dico "I miei sono attaccati ad un aquilone che vola sempre alto, ma prima o poi arriverà la folata di vento che me li riporterà a terra, così che possa afferrarli". Poi ci rifletto... e se aspettassi quella folata di vento giusta che darà la forza giusta all'aquilone per trascinarmi via con sé? Solo il tempo ha la risposta. Per ora alzo gli occhi al cielo... e sorrido.

giovedì 7 luglio 2011

Solo una questione d'ispirazione!!!


Deve essere una sorta di "legge del contrappasso". Si... come quella raccontata da Dante. Sere in cui scriveresti un intero romanzo e sere in cui, per contrappasso, i pensieri si smarriscono lungo quel "pezzo di strada" che collega il cervello al braccio, e di lì alle dite e ancora, con un ultimo sforzo, ai polpastrelli. Anatomia umana a parte, in questi giorni ho disfatto questo post più e più volte. Per cercare di "espiare i miei peccati" (mi perdoni sor Dante, ma già che ci sono, stasera il plagio lo dedico a lei!!!) ho provato di tutto. Il sottofondo musicale "giusto" (che poi tanto giusto non si è rivelato!!!), scavare nella scatola dei ricordi (quella mentale, ma soprattutto quella materiale... piena di polvere ma anche di cose che credevo perdute da tempo e che invece sono lì, invecchiate insieme a me!!!). Infine ho chiesto alla mia musa ispiratrice di fare il suo dovere. Un laconico sms "Sono al mare... ne riparliamo dopo il weekend", ed eccomi errante in questa selva di parole che cercavano la retta via (ho già chiesto scusa a Dante... ma repetita juvant... Sorry mr. Alighieri!!!).
Poi succede che passi questa afosa serata con un bambino di 9 anni, affacciato ad un balcone. Lui che disserta della sua giornata al mare ed io che mostro interesse (giuro... non fingevo!!!). D' un tratto il saggio in miniatura solleva gli occhi al cielo e, stupito, mi dice "Guarda quante stelle". Eureka!!! (non so a chi frego la citazione... ma ci sta tutta!!!) Ecco la risposta... le stelle. Caro Socrate tascabile devo lasciarti ai tuoi discorsi, perché questo momento non arriverà un'altra volta. Il mio campo visivo si restringe a quei piccoli puntini luminosi che, sentendosi tirati in ballo, cominciano a reagire. Me ne accorgo dalla luce che emanano, da quel brillare ad intermittenza, quasi stessero discretamente sorridendo. Magari con una mano davanti alla bocca, per non farsi scoprire. Un cenno di saluto, un profondo respiro e poi comincio a parlar loro. "Non sono un poeta e nemmeno uno scrittore. Ma ho una tela bianca che vuole essere macchiata di parole". Qualcuna m'ignora. Qualcuna mi deride. Qualcuna è impegnata ad indicare la rotta ad una zattera dispersa. Qualcuna, invece, deve illuminare il cammino di chi esce adesso dall'oscurità. Soltanto una mi degna di risposta. E' piccola, brilla appena, ma la sua luce discreta mi regala ugualmente un'emozione che non provavo da tempo.
Decide di assecondare la richiesta di un raccontatore di storie che non ricorda più come si fa a giocare con le parole. Si spegne per un lunghissimo secondo, poi torna a splendere e lo fa lasciando cadere su di me una polvere che credevo fosse solo oggetto di favole e racconti. Invece esiste. La sento in ogni molecola di me. Ed è una strana sensazione. Di quelle finite nella scatola dei ricordi (quella mentale!!!). I momenti belli della mia vita riaffiorano uno dopo l'altro, storie che si intrecciano. Sorrisi e bronci che si scontrano. Un formicolio alla mano sinistra. Un presagio nefasto o, più semplicemente, la voglia di scrivere una nuova storia. Come quella che, da stasera, torna a sporcare queste pagine. In fin dei conti... è solo una questione d'ispirazione.

lunedì 4 luglio 2011

La valigia dell' attore


Avrei dovuto scrivere questo post 24 ore fa. Subito dopo gli applausi. Subito dopo la calata del sipario. Subito dopo aver recuperato tutti gli oggetti di scena, appallottolato i costumi in camerino ed aver ringraziato ogni singolo spettatore. Ma avevo bisogno di assaporare quel momento, di godermi la mia compagnia teatrale, le risate post spettacolo, per poi mettermi qui e annotare sul mio diario virtuale, quanto successo in questo weekend che non dimenticherò mai.
"Confusioni", brillante commedia in 5 episodi di Alan Ayckbourn, è il titolo dello spettacolo portato in scena con i ragazzi del e-laboratorio del Theatre de Poche, fucina di talenti del palcoscenico, in quel di Napoli.
Ci sarebbe da raccontare delle prove tecniche, di quelle di memoria, del "mi raccomando, qualsiasi cosa succeda andate avanti!!!" del regista, di costumi di scena tanto belli quanto surreali, di stanchezza e sudore dopo ogni replica, di applausi e commenti divertiti e di abbracci e commozione, ben celata, dopo l' ultimo inchino di fronte al pubblico.
Potrei raccontare tutto questo, ma preferisco appuntare su questo mio taccuino virtuale tutto quello che, di questa esperienza, porterò con me nella valigia dell'attore. Eh si... quello che pensavo fosse solo una romantica citazione di cantori, o suggestivo incoraggiamento degli addetti ai lavori, è in realtà qualcosa di fantasiosamente concreto. Da ieri quella valigia, che trasporto ormai da 13 anni, si è fatta più pesante. In quell'invisibile (solo ad occhi poco attenti!!!) bagaglio ho riposto metaforiche maschere che non avrei mai creduto di poter indossare. Immaginifici abiti di scena, che con l'aiuto del regista e degli altri attori del cast, ho pian piano ritagliato e cucito addosso a me. Prima di chiuderla, ho lasciato cader dentro qualche granello di polvere del palcoscenico. Avevo bisogno che quella magia che solo la scena sa dare, rimanesse sempre con me e mi guidasse in quel viaggio che, da ieri notte, ho ripreso verso chissà quale destinazione. Le ultime righe di questa pagina bianca le voglio dedicare a coloro che, tenendomi per mano, si sono inchinati di fronte al pubblico. A Peppe, Serena, Antonio, Anna, Barbara, Simona, Leda, Franco, Arturo, Viola, Noemi, Laura, Stefano, Amelia, Vittoria, Giorgio e Titta. Compagni di un viaggio appena cominciato e che, mi piace romanticamente pensare, non finirà mai!!!

mercoledì 29 giugno 2011

Il tizio di passaggio


Blocco dello scrittore. Pare sia quel periodo in cui uno scrittore non riesca a trovare l'ispirazione. E finisce che tutti quei romanzi, quelle avventure, quei sogni che affollano la tua mente, restino lì, confinati in chissà quale archivio della tua mente e proprio non riescano a trovare la via che porta alle falangi e quindi ai polpastrelli e quindi alla vita (nel senso letterario del termine!!!).
Fortuna che non sono uno scrittore, e forse neanche un bloggerista. Ma questa storia mi andava proprio di raccontarla.
Parla di un tizio. Un tizio normale, con tutte quelle che sono le accezioni che si possono dare al termine "normale". Nessuno sa come si chiami, da dove venga, cosa faccia nella vita. Se sia un losco individuo, oppure una pia anima dispersa, alla ricerca del suo Eden. Si sa che cammina, e nel suo peregrinare raccoglie storie. Tira fuori un quadernetto, piccolo, consunto ed una matita ridotta ormai ad un moncherino. Qualche graffio incomprensibile su quelle pagine, prima bianche, ora macchiate di grafite e segnate dal giallo del tempo che passa inesorabile, e prosegue per la sua strada. Qualcuno dice lasci il segno, qualcuno racconta che si è indifferenti al suo passaggio. Qualcuno lo osserva, in modo discreto. Cercando di comprendere chi è, perché è lì e perché il suo compito sia quello di strappare pezzi di quotidianità e trasformarli in storie. Storie da raccontare a chissà chi.
Infine, c'è qualcuno che si ferma dinanzi a lui e lo guarda. Non un semplice scambio di occhiate. Sguardi che si incrociano ed il tempo che, complice, si ferma. Di solito, di fronte a questo evento, il tizio di passaggio sorride. Lo fa con gli occhi, quelli stessi occhi che spesso tiene bassi, per osservare con discrezione il mondo intorno a sé. Lo fa con la bocca, col corpo, con ogni molecola del proprio essere. Succede che qualcuno ricambi quel sorriso ed il processo chimico sia il medesimo. Il tempo decide, beffardo, di ripartire. Il tizio di passaggio ricorda il suo compito e riparte a caccia di storia. Mentre comincia a seguire la rotta, indicata da una bussola che raramente segue il Nord, ma sempre la direzione giusta, succede che quel qualcuno (di cui sopra!!!) con la voce sostenuta gli dica "mi dispiacerebbe perderti di vista. Spero sinceramente che ciò non accada. Intanto... una buona giornata".
Qualcuno cercherà una morale in questa storia. Qualcun altro si annoierà alla seconda (forse alla prima) riga di questo blog. Qualcuno, semplicemente, vorrà conoscere questa storia e, arrivato in fondo, riuscirà anche a sorridere.

martedì 21 giugno 2011

Diario di viaggio


Teoricamente dovrei cominciare a scrivere questo post tra circa 30, forse anche 60 giorni. Perché una vacanza, se non è last minute, perde tutto il suo fascino. Tra amici che propongono la meta esotica, all'insegna del "sole, mare e gnocca tutto il giorno!!!" a quelli che "tutti da me... ho casa libera per tre mesi!!!" alla categoria "no... qualche giorno lontano da tutto e tutti mi ci vuole... giusto per staccare la spina!". Orgogliosamente facente parte di questa terza categoria, comincio a riflette fin d'ora su quale possa essere la meta ideale di un viaggio alla scoperta di un posto mai visto prima ed alla riscoperta di se stessi, altra meta spesso inesplorata.
Depennate anzitempo le mete cui, per accedere, devi necessariamente accendere un mutuo (e qualche cero ai santi pregando che sia sempre bel tempo!!!) cominci a sfogliare una margherita, i cui petali sono composti da : località balneari non particolarmente affollate, così da godersi sole e mare con gli amici; località balneari particolarmente affollate, così da non godersi sole e mare, ma la movida dal tramonto all'alba; la meta culturale, magari all'estero, magari nella grande città europea. Quella che ti strizza l'occhio ogni volta che entri nell'agenzia di viaggio, carico di sogni, di belle speranze, di b&b a prezzi così bassi che, alla fine, il gestore ti considera uno di famiglia da tenere sul groppone per 7 giorni e 7 notti.
Poi pensi... la mia meta ideale è un posto che contenga una storia. Non quelle che finiscono sulle guide turistiche o, peggio ancora, sui libri scolastici. Parlo di una storia che ti entri dentro e che ti lasci un segno indelebile. Così come indelebile deve essere il pennarello che riporterà su un taccuino, fedele compagno di viaggio, ogni singolo istante di questo racconto privato. Ecco... finalmente ho trovato il primo tassello di questo mosaico chiamato vacanza. Nella mia borsa da viaggio (non parlo della valigia... quella rimane confinata in camera. Parlo di una borsa che mi segua sempre) non mancherà di sicuro un taccuino e non potrò viaggiare senza una macchina fotografica, che mi permetta di fissare non soltanto i monumenti, ma quegli attimi di vita reale che rendono speciale un posto, qualsiasi esso sia. Aggiungiamoci un cappello da pescatore (piccolo vezzo di chi odia le mode!!!) e un paio di comodi sandali. Ci si può mettere in viaggio... La destinazione? Capirò quale sarà solo quando le dita impugneranno una matita e cominceranno a scrivere

mercoledì 15 giugno 2011

Anche la luna, nel suo piccolo, arrossisce!!!


Seduto su un grattacielo devo stare... non vado avanti, altrimenti Grignani mi accusa di plagio. Prendo in prestito solo poche parole di una sua canzone, per rendere le coordinate geografiche di questo nuovo post. Sull' attico di un palazzo, alla ricerca di una luna che, da qui a qualche minuto, arrossirà. Forse d' imbarazzo, forse di rabbia. Chissà.
Mentre aspetto impaziente questo spettacolo, mi godo un bagliore rossastro all'orizzonte ed un cielo stellato che riesco a godermi, stranamente, nel più assoluto silenzio. La città, la mia città, taciturna. Un evento raro quasi quanto un eclissi. Forse sono tutti col naso all'insù nell'attesa di vedere questa luna che cambia colore. Forse sono tutti troppo indaffarati, per accorgersi di un evento naturale così bello o chissà cos'altro. Mi piace immaginare, in modo un pò folle ed un pò romantico, che tutti siano rintanati nelle proprie case a godersi la vita. Chi brindando all'altrui saluti, intorno ad una tavola imbandita di ogni ben di dio. Chi coccolando un bambino che proprio non vuole abbandonarsi tra le braccia di Morfeo. Chi facendo l'amore senza troppi pensieri, lasciandosi andare a quegli istinti primordiali di cui tante, troppe volte, ci si dimentica.
Purtroppo proprio non riesco a vederti o amata luna, ma il mio pensiero odierno lo dedico a te. Diverrai rossa, pian piano, per una legge fisica di cui parlano dotte riviste da edicola, ma preferisco, nel mio piccolo, pensare che siano queste parole a farti arrossire!!!

domenica 5 giugno 2011

Il ragazzo... e lo scrittore


Guardando il mio blog mi sono detto "Urge nuovo post!". Si! Ma cosa scrivo? Potrei parlare del film appena visto, quel "Mr. Beaver" in cui uno straordinario Mel Gibson dialoga con castoro di peluche, ma non sono un critico cinematografico e dovreste andare in sala fidandovi di un occhio "comune". Potrei parlarvi dell'ultimo libro che ho letto. Un romanzo di Ernest Hemingway particolarmente bello, ma particolarmente recensito sulle pagine del quotidiano cui era allegato. Però... un momento... con il premio Nobel per la letteratura '54 (grazie wikipedia per la dritta!!!) una cosa in comune la ritrovo. Un vecchio taccuino con la copertina di pelle. Una matita e una serie di pensieri che trovano su quei fogli immacolati la loro collocazione. Ecco... durante questo weekend di pensieri ce ne sono stati tanti. E molti di essi sono finiti proprio lì. Sulle quelle pagine che aspettano avidamente storie, aforismi o semplici appunti. E rileggendoli mi accorgo che i miei appunti sono scritti al presente, qualche volta al futuro, "andrò lì prima o poi..." "farò questo e quest'altro pure...". Mai al passato. Non so... forse è la paura di sbagliare la coniugazione. Magari la volontà di guardare avanti, non preoccupandosi di ciò che è stato. Forse, più semplicemente, il voler chiudere col passato ed archiviare tutto in quella scatola dei ricordi che aprirai un giorno, quando sarai lontano lontano. Un puntino scuro all'orizzonte.
Hemingway, coi suoi diari, c'ha fatto una fortuna. Non m'illudo che la dea bendata sia così generosa anche col sottoscritto. Ma mr. Ernest non la prenderà a male se anch'io, come lui, fisso i miei pensieri su un taccuino. Dev'essere quella copertina di pelle che ha un fascino irresistibile

giovedì 26 maggio 2011

Perché in fondo Pizzaballa... vale più di Maradona


Sarebbe fantastico se un quotidiano sportivo nazionale titolasse con questa frase "Perché in fondo Pizzaballa... vale più di Maradona". Sarebbe uno smacco a tutti quelli che mercificano il calcio, che non pensano che al business dimenticando che, alla fine, quei 22 tizi in calzoncini rincorrono la palla per 90 minuti unicamente per gioco.
Per il momento quest'improvvisato aforisma diventa il titolo di uno spettacolo. Un reading teatrale che, domenica 29 maggio 2011, porterò in scena a Somma Vesuviana (piccolo comune alle porte di Napoli), nella suggestiva cornice del Museo Etnostorico delle Genti Campane. Lo farò in compagnia dei soci del Leo Club Due Torri - Torre del Greco, associazione della quale faccio parte, e quelli del Leo Club Pomigliano d' Arco, compagni d'avventura leoistica (tranquilli... nessun errore, si scrive proprio così!!!) e grandi amici. Una serata di spettacolo, quindi, ma anche di beneficenza. Il ricavato della serata verrà infatti destinato alla fondazione Cannavaro-Ferrara. Eh già... questi due nomi, piuttosto familiari per i calciofili più incalliti, è proprio quello dei due ex calciatori del Napoli (ahimè anche della Juve!!!) divenuti il simbolo di una Napoli affermatasi a livello internazionale nel gioco più bello del mondo.
Il titolo di questo testo è un omaggio a quello che è un mio mito calcistico, Pierluigi Pizzaballa. Un onesto e validissimo portiere di serie A, divenuto leggenda per i collezionisti a causa di una figurina mai stampata (o meglio... stampata postuma!!!), divenuta preziosissima per tutti coloro che avevano intenzione di completare l' album dei calciatori Panini della stagione 1963/64.
L'altro nome, Diego Armando Maradona, è colui che incarna la quintessenza del calcio.
Genio e sregolatezza, croce e delizia di un popolo, quello calcistico, quanto mai unito nel definirlo il numero uno.
La sezione testi vede la presenza di autori come Stefano Benni, Darwin Pastorin, Maurizio de Giovanni, Raffaele Auriemma ed una raccolta di aforismi, chicche calcistiche e prime pagine dei giornali, raccolti in un divertente libro dal titolo "Ridicolcalcio".
In tutta sincerità, non so cosa aspettarmi da uno spettacolo al quale sto lavorando alacremente da tanto tempo. Senz'altro di condividere col pubblico le risate e le emozioni provate leggendo questi testi. Il resto lo faranno il panorama di Somma Vesuviana, la magia di una sera di primavera e, perché no, quel dolce sottofondo musicale che solo un applauso sa creare.

sabato 21 maggio 2011

Un Punto... Nuovo!!!


Di solito, in un precedente blog, scrivevo un bilancio al termine di un' avventura professionale. Da stasera vado controcorrente condividendo un esordio radiofonico, avvenuto alle ore 19.57 di sabato 21 maggio 2011. E' in quel preciso istante che la mia voce ha cominciato a diffondersi attraverso l' etere ed il web, attraverso le frequenze di Radio Punto Nuovo.
Si riparte, quindi. Nuova avventura professionale. Nuova storia da raccontare. Nuova emozione da condividere, con lo stesso entusiasmo di quel 27 settembre 2006 quando, per la prima volta, sentivo in una cuffia l'eco della mia voce.
Dall'altra parte del vetro c'è Raffaele. Mi sorride, un cenno del capo come a dirmi "Adesso tocca a te!!!". Un respiro profondo e... per due ore quei pochi metri quadri di studio sono diventati il mio habitat naturale. Una finestra attraverso cui guardare il mondo con quegli occhi curiosi che sono ormai un marchio di fabbrica. Il cuore continua a battere incessantemente, mentre scorre sul display il conto alla rovescia che mi porta al brano successivo. Pian piano prendo confidenza con gli ascoltatori, con il nuovo software che renderà la mia vita facile... quella del fonico un pò meno.
In men che non si dica abbiamo archiviato la prima ora di programma. Riparte fulminea la seconda ora ed io mi sento sempre più rilassato, sempre più in sintonia con quel microfono che rappresenta l'anello di congiunzione tra me ed il mondo esterno. Nella playlist di stasera c'è un pezzo che mi piace molto, quella "Cadavez" che qualche estate fa è riuscita anche a farmi ballare. Un altro stacco pubblicitario, e do una sbirciatina sul web alla ricerca di materiale interessante per il prossimo intervento. Mi ricordo che il 22 maggio ci sarà l'ultima giornata di campionato e va da sé che si parli di scudetto, di champions leauge, di squadre retrocesse in B. Scopro, con somma gioia, che non sono l'unico supporter azzurro (azzurro Napoli ovviamente!!!) a Punto Nuovo, ma che, tra staff ed ascoltatori, si riempie un anello dello stadio.
Arriva il momento di un vecchio pezzo di Madonna, quella "Live to tell" che proprio non conoscevo ma che, da domani, farà parte della playlist del mio mp3. "E questa era l'ultima canzone..." non credo d'aver usato proprio quelle parole esatte, ma il senso c'era tutto. Il cursore del microfono lentamente va giù. Spengo il pc, rimuovo le cuffie e le rimetto nel punto esatto in cui le avevo trovate. Slauto lo staff e lentamente mi avvio alla macchina. Soltanto adesso mi accorgo della bella serata primaverile che ha accompagnato questo mio nuovo debutto radiofonico. Sorrido alle stelle. Posso tornare a casa sorridente...